martedì 18 novembre 2008

C'è un posto ...



C'è un posto piccolo piccolo, sconosciuto ai più. Un posto che è sempre li.. immutato negli anni.. E in questo posto c'è una una chiesetta piccola piccola con un porticato e tre scalini. E questo porticato si apre sul mondo. Lascia che gli occhi scorrano liberi sulle montagne che lo circondano.. E ancora oltre, sulla pianura che si estende a perdita d'occhio. Sono poche le giornate in cui lo sguardo non e' turbato dalla foschia e dallo smog. Ma in quelle giornate è facile rimanere senza fiato.. è facile sentirsi piccoli piccoli di fronte a tanta vastità.. Lo sguardo non riesce a racchiudere tutto..
E poi in questo posto c'è un faro piccolo piccolo. Una rossa struttura di ferro, quasi brutta a vedersi, ma che racchiude un fascino tutto particolare. E la luce di questo faro è tornata da un po' di tempo a rischiarare le notti. E' una luce piccola piccola ma facile da vedere per chi sa dove guardare.

Tutto questo e' sconosciuto ai più. Ma chi conosce questo posto lo porta nel cuore. Lo ha visto da lontano quando era piccolo piccolo. Lo ha conquistato mille volte da ragazzino nelle fughe “via “ da casa. Lo ha vissuto di giorno e di notte. Ha goduto del suo silenzio e del piacere provato nel sedersi al buio, in punta “al faro”. Ha scoperto che le stupidaggini, i discorsi, le confessioni diventavano piu' facili, limpide, trasparenti seduti in questo posto. E oggi sa che è li sempre pronto a regalare le stesse sensazioni. Sa che basta trovare il tempo per camminare un po' e tornare a sedersi sugli scalini rivolti al mondo. Sa che bastano pochi minuti li per riempire la mente dei ricordi di tutte le ore passate in compagnia degli amici oppure abbracciati ad una ragazza a guardare quel panorama che non ci sta tutto in uno sguardo.

E' un posto piccolo piccolo .....

mercoledì 22 ottobre 2008

Se .......

Oggi sarebbe il tuo settantunesimo compleanno..

Probabilmente saresti uno di quei signori anziani, non vecchi, con i capelli grigi, che vanno a giocare a bocce al parco tutti i giorni e che si trovano seduti al tavolino di un bar di paese con davanti un bicchiere di vino. Non vivresti a Torino, ne sono sicuro. Vivresti a Coazze. Saresti tornato lì il giorno stesso della tua pensione.. Saresti tornato a vivere nel posto che amavi di più al mondo. Il tuo rifugio dalla frenesia della città in cui fuggivi ogni volta che il tempo te ne dava la possibilità. Avresti un orto e un cane e continueresti ad usare quel filo di voce e quei rari sorrisi che vagamente ricordo.

Ma una mattina di novembre di 24 anni fa tutto questo è diventato "se"...

Davanti agli occhi assonnati di un bimbo troppo piccolo per capire, ti sei spento, da un momento all’ altro.
Un bimbo che non ha versato una sola lacrima in quei giorni così bui, protetto dall’ innocente inconsapevolezza del significato della morte. Ci sono voluti anni perchè potesse rendersi conto di quanto fosse dolorosa e profonda la perdita subita. Ha dovuto vivere la mancanza di un riferimento, di una persona con cui condividere e contro cui combattere nel pieno dell’adolescenza. Ha dovuto paragonare la propria vita a quella dei suoi coetanei e scoprire che ne sarebbe mancato per sempre un pezzo importante.
E’ cresciuto portandosi dietro pochi ricordi, scatti sfocati di una persona vissuta troppo poco per vedere realizzati i propri piccoli desideri ma abbastanza a lungo per permettere a quel bimbo di capirla almeno un po'.
Quasi a voler lasciare una traccia, sono cresciuti in quel bimbo lo stessa passione per la montagna, lo stesso desiderio di silenzio e pace che riuscivi a trovare solo nei posti che amavi, lo stesso amore per le cose semplici e spontanee. Tracce indelebili, lasciate per dimostrare che può esistere la continuità tra padre e figlio, anche a dispetto di una morte prematura e ingiusta.

Buon compleanno papà…

lunedì 13 ottobre 2008

Il LUPUS non e' un personaggio dei fumetti...

Lupus...alzino la mano quanti ignorano il significato di questa parola..
Fino a qualche anno fa sarei stato tra coloro che la avrebbero alzata ... LUPUS ??? mai sentito !!!


E poi un giorno il lupus è entrato marginalmente nella mia vita. Un giorno ho scoperto che una delle mie più care amiche, con cui ho condiviso 12 anni di attività artistica, ne era affetta. E da quel giorno ho piano piano preso coscienza di quanto grave sia questa malattia, di quanto possa stravolgere l’esistenza stessa di una persona.

Ho scoperto fino a che punto la forza d'animo sia disposta a reagire per trovare, anche nelle situazioni più difficili lo stimolo per continuare. Ho visto questa mia amica tornare a ballare con me su un palcoscenico. E' tornata a sorridere di nuovo, la ho vista sudare,combattere e credere in cio' che facevamo. La ho vista vivere come se almeno in parte potesse cancellare ciò che stava succedendo dentro di lei. La ho vista trovare l'amore e sposarsi con una persona altrettanto meravigliosa che più di ogni altro condivide con lei la quotidianità di questa situazione.

Ora e' bene che io smetta di scrivere per non cadere inevitabilmente in frasi patetiche e scontate cercando di spiegarvi una realtà che ancora oggi e’ per me lontana e incomprensibile. Preferisco che a parlare siano le parole che lei ha scritto qualche anno fa e che mi ha gentilmente concesso di pubblicare:
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"Ricordo quei giorni benissimo. Era l'agosto di 3 anni fa. Cominciai ad accusare quei dolori "strani" alle giunture, alle mani, ai piedi: ero in vacanza al mare. Mi sentivo un po' strana e non comprendevo la causa di quel dolore. Ingenuamente pensai che il sole caldo mi facesse passare il male alle ossa e ogni giorno stavo al sole e in acqua, pensando di star meglio, pensando che il sole potesse aiutarmi a spazzare via quella "stanchezza" di un inverno freddo.
Ma stavo male, sempre di più. Fino a ritrovarmi nel mio letto di Torino immobile: la notte non passava mai, era infinita, il dolore non mi permetteva di chiudere occhio e neanche di girarmi nel letto per cercare la posizione più comoda. Paura, angoscia, pianto..che sta succedendo? Stavo bene prima, e ora??? Iniziano gli esami, i dottori. qualcuno riesce anche a dirmi che ho l'esaurimento nervoso, tanti di loro non credono al mio dolore fisico. Non esageravo, avevo un dolore mai provato, indescrivibile e non mi permetteva di avere neanche la lucidità mentale per stare tranquilla. Un giorno incontrai il dott. Modena alle Molinette che sembra non stupirsi del mio male e da lì a poco arriva quel giorno. Un giorno che non dimenticherò.
Un giorno che segna la mia vita; quel giorno è parte di me ora e lo ricordo spessissimo, come la fase di cambiamento inevitabile. "Hai il lupuseritematososistemico" mi disse il medico . Mi suonava come una parola unica, formata da 1000 lettere mescolate insieme che non mi dicevano nulla, ma temevo ciò che avrei sentito dopo.
Da quel giorno tutto cambiò: l'idea di me stessa, l'idea degl'altri, la visione della vita. La vita per me non aveva inizio ne fine, ero un piccolissimo essere che vagava inutilmente nell'universo. Mi sono spesse volte incolpata, pensando di essermi procurata tutto io con le mie mani. Tornando a quei giorni..iniziai a leggere affannosamente enciclopedie mediche, internet, cercando affannosamente notizie, per sapere, per capire. Leggo e piango, il dolore che ho non mi permette di pensare ad altro. Rivedo costantemente i giorni in cui guidare l'auto era impossibile, prender un bicchiere in mano era un'impresa. La voglia di volare dalla finestra aumentò a tal punto che chiesi aiuto e andai da uno psichiatra.
Da quel momento inizio una cura antidepressiva che nel giro di un anno mi aiutò a rivedere tutto ciò che mi circondava. Non avevo futuro dentro di me, il giorno che vivevo era l'unica realtà possibile, e il domani non esisteva. Vivevo nel mio mondo e chi stava accanto a me forse non poteva capire. Sola, volevo stare sola, non uscivo di casa, non volevo attraversare la strada o non avevo nulla da dire a nessuno, non m'importava che gli altri stessero bene o male, nulla mi toccava, neanche la morte. Mi facevo negare al telefono e non uscii di sabato sera per un sacco di tempo. I miei genitori mi sono stati vicino a loro modo, il modo migliore, quello di un genitore che ama il proprio figlio. Paradossalmente questa malattia ha fatto in modo che ci unissimo in modo particolare e profondo.
Il lupus a me ha toccato il sangue: febbre, artrite, piastrinopenia, luecopenia, astenia, debolezza, depressione. Questi anni passano tra continui esami, visite, giorni di stanchezza, giorni di depressione. Per gli altri stai bene, ti vedono bene, ma ha volte tu ti senti malissimo e non sai neanche spiegarlo. Sei noiosa se non esci mai perché sei sempre stanca.Mi dicevano " Perché non vai da quel dottore amico mio che ha guarito tanta gente?" " E' solo un momento, pensa positivo!" Odio sentirmi dire le frasi retoriche! No, non è solo un momento, è una malattia cronica caspita!. Non si guarisce!
Tutto questo è realtà ed è proprio questa che bisogna accettare: ciò non vuol dire non combattere e non essere mai più felici! Ma tu vorresti che tutti riconoscessero la tua malattia e ti accettassero con lei, con i disagi che ciò comporta senza continuare a far finta che non sia nulla d'importante. Quando qualcosa di grande ci cambia la vita, bella o brutta che sia, noi stessi cambiamo e non vogliamo che gli altri si comportino come prima perché non è obbiettivamente come prima, ma se veniamo accettati con i nostri limiti comportamentali, forse viviamo meglio anche noi. Sta sicuramente anche a noi spiegare chiaramente cosa proviamo a anche cosa desideriamo, perché chi ci sta vicino soffre quasi quanto noi e noi stessi dobbiamo accompagnarli nel nostro cammino.
Non stiamo in silenzio."


Manuela
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Non posso, non voglio e non credo di dover aggiungere altro se non che tra i miei link c'è quello che può permettervi di saperne un po' di più...spero possiate trovare il tempo di dare un' occhiata..

Grazie Manu, grazie per il tuo esempio, la tua disponibilità, la tua dolcezza..

domenica 12 ottobre 2008

Cogli l'attimo..

Giorni fa ho ripreso in mano un vecchio libro, eredità dei miei primi anni di superiori. "lo zen e l'arte della manutenzione della motocicletta" che per i più probabilmente potrebbe essere un titolo fuorviante. Si tratta in effetti di un romanzo non troppo "facile", di quelli che piacciono davvero o diventano noiosi e pateticamente filosofici. Ma non e' del libro in se' che voglio parlare quanto piuttosto della situazione scolastica che lo ha portato alla mia attenzione.
La mia carriera tecnico industriale ha visto la luce nella sede distaccata di uno dei tanti ITIS di Torino in cui frequentai il biennio obbligatorio. Durante il primo anno ho avuto modo di incontrare un Prof. di italiano assolutamente coerente con la propria professione. Carattere sobrio e composto, programma preciso e ordinato e una competenza assolutamente all'altezza. Fu il secondo anno pero’ a regalarmi un’ esperienza unica nel suo genere, capace di lasciare in me il seme della voglia di andare oltre l’apparenza delle cose, germogliato anni dopo.
Come dicevo, l’inizio del secondo e ultimo anno in quella scuola fu portatore di un grande cambiamento. Scomparvero libri di testo di italiano, antologie, programmi didattici e tutto il resto. Le ore erano intrise solo di poesie…film…canzoni…testi di Guccini e Vasco… libri di Hesse, Wilde e Pirsing… Si ascoltava musica, si guardavano film, si leggevano poesie e poi si parlava, si parlava, si parlava. Sull’onda dell’ attimo fuggente che proprio in quei mesi rendeva il mondo del cinema un po’ meno banale, il prof. decise che le nostre giovani menti meritavano la possibilità di imparare un modo nuovo di ragionare. Ovviamente la maggior parte dei sedicenni immaturi e stupidi che popolavano la classe ( me compreso) videro in questa cosa solo il fatto che non avremmo dovuto studiare per un intero anno e fu effettivamente così.

Ma ora, a distanza di anni, mi rendo conto che la voglia di allargare i miei orizzonti, di non dire mai “non mi interessa” a priori, la voglia di leggere e rileggere, ascoltare e riascoltare, di non fermarmi alla prima impressione ma di guardare la cose da punti di vista diversi e provare a capire prima di giudicare, la voglia di cercare nelle cose il perché non indotto dal giudizio delle masse, derivano anche da quella persona e dal suo modo di essere un prof. di italiano.

Anni dopo trovai una frase di kazantzakis, scrittore cretese, che porto ancora con me :

Gli insegnanti ideali sono quelli che si offrono come ponti verso la conoscenza e invitano i loro studenti a servirsi di loro per compiere la traversata; poi, a traversata compiuta, si ritirano soddisfatti, incoraggiandoli a fabbricarsi da soli nuovi ponti

Grazie prof., ovunque lei sia…

domenica 28 settembre 2008

pronti...via !!!

Primo post ufficiale e primo blocco dello scrittore... Un foglio immacolato , anche se elettronico, mi crea sempre questo problema.

Cerco di trovare il modo giusto per iniziare in maniera originale... scrivo e cancello mille cose chiedendomi dove sono andate a finire tutte quelle idee meravigliose che mi venivano in mente quando era impossibile tenerne traccia...

E intanto le righe si coprono di parole che dovrebbero spiegare perchè non trovo le parole per cominciare e mi rendo conto che lo spazio piano piano diminuisce perchè non avrebbe senso pubblicare un posto di centinaia di parole inutili.
E allora penso che potrei semplicemente presentarmi. Oppure potrei parlare del fine di questo blog. O ancora potrei pescare nella mia mente un argomento a caso e da li ragionare fino a surriscaldare i miei poveri neuroni. Ma credo che per tutto questo ci saranno altre occasioni.

E poi... magia... il post ha preso forma... clicco su anteprima e mi rendo conto che quasi quasi mi piace e potrei anche lasciarlo cosi'. In fondo cominciare dalla confusione nella mia mente e'come aprire la mia cabina armadio perennemente disordinata. Ne prendo atto e so che devo tirare fuori tutto e ricominciare a mettere dentro le cose secondo le buone regole della razionalità.

Che alla fine il senso della vita sia tutto in una cabina armadio??