domenica 2 maggio 2010

...Prossima stazione... Mitte


Ormai è più di un anno che non scrivo…. Che vergogna !!

I giorni scorrono sempre troppo veloci. Le idee,i progetti, i doveri e i pochi attimi di relax si accavallano l’un l’altro e le promesse fatto a me stesso di tornare a scrivere si sono perse mille volte nel marasma della mia vita.
In questo momento sono seduto su un muretto in riva allo Sprea. La musica, come spesso succede, mi scorre nelle orecchie e al mio fianco c’e’ una becks che mi tiene compagnia. Di fronte a me si staglia netto il profilo del duomo di Berlino. Non potrebbe esserci momento migliore,credo, per provare a buttare giu’ qualche riga.

Un anno dicevo.. Un anno che, per quanto io sia restio a credere alle trasformazioni dell’ animo umano, mi ha cambiato parecchio.
Tante anime hanno attraversato la mia vita. Qualcuna si e’ ritagliata un posto stabile, qualcuna ha fatto tappa prendendo e dando ciò che era necessario per poi continuare il suo percorso e qualcuna quel percorso lo ha abbandonato definitivamente. Da circa sei mesi appeso al mio collo c’e’ un anello in piu’ e non è difficile capire cosa voglia dire per me.
Il dolore lacerante e violento dell’inverno appena passato, legato alla perdita di colui che in cuor mio ritenevo essere immortale,ora ha lasciato il posto alla coscienza che non lo rivedro’ mai piu’. Ha lasciato il posto al dovere di credere in ciò che lui mi ha insegnato e continuare in qualche modo il suo cammino, fatto di onestà, trasparenza e impegno, anche nelle cose più piccole e insignificanti. A questa persona feci in passato delle promesse, spinto dalla fiducia che lui ha sempre riposto in me, frutto della sua immensa lungimiranza. Ed ora e’ venuto il momento di mantenerle..


Ma per un’ anima che ha abbandonato la mia strada, una nuova di zecca e’ pronta a prenderne il posto, reclamando a gran voce il suo diritto alle mie attenzioni.
Credo di aver sempre sottovalutato il ruolo di “padrino”, almeno fino a quando colui che ha deciso di rendermi tale, non mi ha spiegato le ragioni della sua scelta. Ammetto di aver varcato questa nuova soglia incuriosito e a volte quasi intimorito dal ruolo scelto per me.
Ed ora mi stupisco per come un frugolo riesca a scatenare in me le reazioni più varie. Attenzioni, premure, sorrisi, desiderio di guardarlo incantato vivere i suoi primi mesi e poi tutte quelle facce assurde e ridicole che un adulto riesce a mettere in scena davanti a un bimbo.Ho fretta di vederlo crescere per poter condividere con lui tutto cio’ che so…



...Aveva ragione Gianluca quando in un commento a un mio post sosteneva che la cosa più bella che ci possa capitare è avere la possibilita’ di assumere il ruolo che coloro che ci abbandonano hanno assunto nei nostri confronti...

A presto …

lunedì 9 marzo 2009

Come in un quadro …


Domenica 8 marzo, ore 09.00.

Mi sono svegliato naturalmente, senza l’ausilio delle solite cento sveglie che mi riportano alla vita ogni mattina, accolto da un bel sole quasi primaverile e dalla voglia di tornare a vestire i pattini. Sapevo di trovare gli stoici amici del gruppo alla pista della Pellerina e cosi’, borsa in spalla e musica nelle orecchie, sono sceso.

La mattinata e’ trascorsa come sempre, tra un caffe’ al chiosco, una sigaretta a bordo pista e quattro chiacchere, pattinando e cercando di rivolgere l'attenzione e la serietà necessarie alla tecnica del pattinare bene. Anche solo la sensazione di benessere che si prova in certi momenti è sufficiente a rendere degna una mattinata all’aperto in buona compagnia, Ma domenica c’e’ stato un instante, un intervallo di pochi secondi, in cui ho provato una sensazione straordinaria.
Mi sono fermato in un angolo per riposarmi un attimo e ho rivolto il mio sguardo al resto della pista invaso dagli amici, dagli sconosciuti, dai bambini. Senza un motivo apparente mi e’ saltato alla mente il quadro di Renoir che vedete in alto. Il “ballo al moulin de la galette”. Mi sono soffermato centinaia di volte ad osservare questo quadro, affascinato dal fatto che pur non avendo un soggetto principale, coglie e fissa un insieme di piccoli soggetti a prima vista slegati tra loro, accomunati dalla stessa voglia di serenita’, di divertimento, di piacere. Un’ impressione di benessere che nasce dall’insieme di mille sensazioni e mille situazioni diverse tra loro.

Domenica, fermo in quell'angolo, ho rivissuto la stessa sensazione. Tre amici qui vicino che chiacchierano e si prendono in giro seduti per terra, due un po’ più in là che provano a capire come fare un certo movimento. Un padre tutto dedito a tranquillizzare la propria bimba impaurita dai pattini, due ragazzi che pattinando tranquillamente in tondo, si ritrovano immersi in chissa’ quale profonda discussione sul senso della vita. Un nonno che, dalla panchina, non stacca gli occhi dal proprio nipotino impegnato a non cadere. E cosi’ via, lungo tutto la pista. Tanti piccoli mondi riuniti in uno piu’ grande, visibile solo da lontano. Un mondo sereno, allegro, rilassato. Tanti piccoli modi diversi di essere li, presenti e partecipi di un’ opera in continuo movimento.
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Come in un quadro ... Incorniciato dagli alberi e dal sole ... Visibile solo per pochi instanti... Solo fino a quando non sono stato trascinato di nuovo dentro da qualcuno, a far parte di quel mondo.

mercoledì 7 gennaio 2009

Ho voglia ...



Ho voglia di vita … Ho voglia della vita degli altri... non fraintendetemi … Ho voglia di intrufolarmi e capire le vite che non conosco. Ho voglia di entrare nei mille mondi diversi dal mio.

Ho voglia di sedermi ad un tavolo con uno sconosciuto che vive dall’altra parte del pianeta e davanti ad una bottiglia di vino parlare, parlare e parlare ancora … Ho voglia di parole, di dialogo, di confronto con chi non la pensa come me. Ho voglia di scoprire che il mio non è il migliore dei mondi possibili … che tutto ciò che mi circonda e che mi dice cosa fare e come essere non è ancora riuscito a plasmarmi del tutto. Ho voglia di non fermarmi, di non lasciarmi stare.

Ho voglia di scoprire quello che le persone che consideriamo diverse, possono insegnarmi. Voglio sentirmi ignorante e stupido … e come una spugna asciutta assorbire idee e pensieri. Voglio essere un collage di popoli, religioni, speranze … Voglio stupirmi di fronte a chi, non potendo godere del nostro “benessere”, può dimostrarmi l’ importanza delle cose semplici. Voglio andare a fondo con le persone e ragionare con loro. Voglio capire che sto sbagliando perché è l’unico modo che ho per imparare cose nuove, per cambiare le mie idee.

Ho voglia di entrare nei mille mondi diversi dal mio, dalla porta di servizio, quella che nessuno indica mai … Voglio trovare un angolo scuro di una sinagoga, di una moschea, di un mandir o di un monastero in Tibet e in silenzio ascoltare …

Ho voglia di vivere mille vite, tutte diverse. Ho voglia di vivere ogni vita in un posto diverso. Viverle e ricordarle tutte per non dover aspettare un telegiornale per provare a capire cosa succede nel mondo che condivido con miliardi di persone di cui non so nulla.

Ho voglia… Ma… Non esiste un modo per farlo …

martedì 18 novembre 2008

C'è un posto ...



C'è un posto piccolo piccolo, sconosciuto ai più. Un posto che è sempre li.. immutato negli anni.. E in questo posto c'è una una chiesetta piccola piccola con un porticato e tre scalini. E questo porticato si apre sul mondo. Lascia che gli occhi scorrano liberi sulle montagne che lo circondano.. E ancora oltre, sulla pianura che si estende a perdita d'occhio. Sono poche le giornate in cui lo sguardo non e' turbato dalla foschia e dallo smog. Ma in quelle giornate è facile rimanere senza fiato.. è facile sentirsi piccoli piccoli di fronte a tanta vastità.. Lo sguardo non riesce a racchiudere tutto..
E poi in questo posto c'è un faro piccolo piccolo. Una rossa struttura di ferro, quasi brutta a vedersi, ma che racchiude un fascino tutto particolare. E la luce di questo faro è tornata da un po' di tempo a rischiarare le notti. E' una luce piccola piccola ma facile da vedere per chi sa dove guardare.

Tutto questo e' sconosciuto ai più. Ma chi conosce questo posto lo porta nel cuore. Lo ha visto da lontano quando era piccolo piccolo. Lo ha conquistato mille volte da ragazzino nelle fughe “via “ da casa. Lo ha vissuto di giorno e di notte. Ha goduto del suo silenzio e del piacere provato nel sedersi al buio, in punta “al faro”. Ha scoperto che le stupidaggini, i discorsi, le confessioni diventavano piu' facili, limpide, trasparenti seduti in questo posto. E oggi sa che è li sempre pronto a regalare le stesse sensazioni. Sa che basta trovare il tempo per camminare un po' e tornare a sedersi sugli scalini rivolti al mondo. Sa che bastano pochi minuti li per riempire la mente dei ricordi di tutte le ore passate in compagnia degli amici oppure abbracciati ad una ragazza a guardare quel panorama che non ci sta tutto in uno sguardo.

E' un posto piccolo piccolo .....

mercoledì 22 ottobre 2008

Se .......

Oggi sarebbe il tuo settantunesimo compleanno..

Probabilmente saresti uno di quei signori anziani, non vecchi, con i capelli grigi, che vanno a giocare a bocce al parco tutti i giorni e che si trovano seduti al tavolino di un bar di paese con davanti un bicchiere di vino. Non vivresti a Torino, ne sono sicuro. Vivresti a Coazze. Saresti tornato lì il giorno stesso della tua pensione.. Saresti tornato a vivere nel posto che amavi di più al mondo. Il tuo rifugio dalla frenesia della città in cui fuggivi ogni volta che il tempo te ne dava la possibilità. Avresti un orto e un cane e continueresti ad usare quel filo di voce e quei rari sorrisi che vagamente ricordo.

Ma una mattina di novembre di 24 anni fa tutto questo è diventato "se"...

Davanti agli occhi assonnati di un bimbo troppo piccolo per capire, ti sei spento, da un momento all’ altro.
Un bimbo che non ha versato una sola lacrima in quei giorni così bui, protetto dall’ innocente inconsapevolezza del significato della morte. Ci sono voluti anni perchè potesse rendersi conto di quanto fosse dolorosa e profonda la perdita subita. Ha dovuto vivere la mancanza di un riferimento, di una persona con cui condividere e contro cui combattere nel pieno dell’adolescenza. Ha dovuto paragonare la propria vita a quella dei suoi coetanei e scoprire che ne sarebbe mancato per sempre un pezzo importante.
E’ cresciuto portandosi dietro pochi ricordi, scatti sfocati di una persona vissuta troppo poco per vedere realizzati i propri piccoli desideri ma abbastanza a lungo per permettere a quel bimbo di capirla almeno un po'.
Quasi a voler lasciare una traccia, sono cresciuti in quel bimbo lo stessa passione per la montagna, lo stesso desiderio di silenzio e pace che riuscivi a trovare solo nei posti che amavi, lo stesso amore per le cose semplici e spontanee. Tracce indelebili, lasciate per dimostrare che può esistere la continuità tra padre e figlio, anche a dispetto di una morte prematura e ingiusta.

Buon compleanno papà…

lunedì 13 ottobre 2008

Il LUPUS non e' un personaggio dei fumetti...

Lupus...alzino la mano quanti ignorano il significato di questa parola..
Fino a qualche anno fa sarei stato tra coloro che la avrebbero alzata ... LUPUS ??? mai sentito !!!


E poi un giorno il lupus è entrato marginalmente nella mia vita. Un giorno ho scoperto che una delle mie più care amiche, con cui ho condiviso 12 anni di attività artistica, ne era affetta. E da quel giorno ho piano piano preso coscienza di quanto grave sia questa malattia, di quanto possa stravolgere l’esistenza stessa di una persona.

Ho scoperto fino a che punto la forza d'animo sia disposta a reagire per trovare, anche nelle situazioni più difficili lo stimolo per continuare. Ho visto questa mia amica tornare a ballare con me su un palcoscenico. E' tornata a sorridere di nuovo, la ho vista sudare,combattere e credere in cio' che facevamo. La ho vista vivere come se almeno in parte potesse cancellare ciò che stava succedendo dentro di lei. La ho vista trovare l'amore e sposarsi con una persona altrettanto meravigliosa che più di ogni altro condivide con lei la quotidianità di questa situazione.

Ora e' bene che io smetta di scrivere per non cadere inevitabilmente in frasi patetiche e scontate cercando di spiegarvi una realtà che ancora oggi e’ per me lontana e incomprensibile. Preferisco che a parlare siano le parole che lei ha scritto qualche anno fa e che mi ha gentilmente concesso di pubblicare:
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"Ricordo quei giorni benissimo. Era l'agosto di 3 anni fa. Cominciai ad accusare quei dolori "strani" alle giunture, alle mani, ai piedi: ero in vacanza al mare. Mi sentivo un po' strana e non comprendevo la causa di quel dolore. Ingenuamente pensai che il sole caldo mi facesse passare il male alle ossa e ogni giorno stavo al sole e in acqua, pensando di star meglio, pensando che il sole potesse aiutarmi a spazzare via quella "stanchezza" di un inverno freddo.
Ma stavo male, sempre di più. Fino a ritrovarmi nel mio letto di Torino immobile: la notte non passava mai, era infinita, il dolore non mi permetteva di chiudere occhio e neanche di girarmi nel letto per cercare la posizione più comoda. Paura, angoscia, pianto..che sta succedendo? Stavo bene prima, e ora??? Iniziano gli esami, i dottori. qualcuno riesce anche a dirmi che ho l'esaurimento nervoso, tanti di loro non credono al mio dolore fisico. Non esageravo, avevo un dolore mai provato, indescrivibile e non mi permetteva di avere neanche la lucidità mentale per stare tranquilla. Un giorno incontrai il dott. Modena alle Molinette che sembra non stupirsi del mio male e da lì a poco arriva quel giorno. Un giorno che non dimenticherò.
Un giorno che segna la mia vita; quel giorno è parte di me ora e lo ricordo spessissimo, come la fase di cambiamento inevitabile. "Hai il lupuseritematososistemico" mi disse il medico . Mi suonava come una parola unica, formata da 1000 lettere mescolate insieme che non mi dicevano nulla, ma temevo ciò che avrei sentito dopo.
Da quel giorno tutto cambiò: l'idea di me stessa, l'idea degl'altri, la visione della vita. La vita per me non aveva inizio ne fine, ero un piccolissimo essere che vagava inutilmente nell'universo. Mi sono spesse volte incolpata, pensando di essermi procurata tutto io con le mie mani. Tornando a quei giorni..iniziai a leggere affannosamente enciclopedie mediche, internet, cercando affannosamente notizie, per sapere, per capire. Leggo e piango, il dolore che ho non mi permette di pensare ad altro. Rivedo costantemente i giorni in cui guidare l'auto era impossibile, prender un bicchiere in mano era un'impresa. La voglia di volare dalla finestra aumentò a tal punto che chiesi aiuto e andai da uno psichiatra.
Da quel momento inizio una cura antidepressiva che nel giro di un anno mi aiutò a rivedere tutto ciò che mi circondava. Non avevo futuro dentro di me, il giorno che vivevo era l'unica realtà possibile, e il domani non esisteva. Vivevo nel mio mondo e chi stava accanto a me forse non poteva capire. Sola, volevo stare sola, non uscivo di casa, non volevo attraversare la strada o non avevo nulla da dire a nessuno, non m'importava che gli altri stessero bene o male, nulla mi toccava, neanche la morte. Mi facevo negare al telefono e non uscii di sabato sera per un sacco di tempo. I miei genitori mi sono stati vicino a loro modo, il modo migliore, quello di un genitore che ama il proprio figlio. Paradossalmente questa malattia ha fatto in modo che ci unissimo in modo particolare e profondo.
Il lupus a me ha toccato il sangue: febbre, artrite, piastrinopenia, luecopenia, astenia, debolezza, depressione. Questi anni passano tra continui esami, visite, giorni di stanchezza, giorni di depressione. Per gli altri stai bene, ti vedono bene, ma ha volte tu ti senti malissimo e non sai neanche spiegarlo. Sei noiosa se non esci mai perché sei sempre stanca.Mi dicevano " Perché non vai da quel dottore amico mio che ha guarito tanta gente?" " E' solo un momento, pensa positivo!" Odio sentirmi dire le frasi retoriche! No, non è solo un momento, è una malattia cronica caspita!. Non si guarisce!
Tutto questo è realtà ed è proprio questa che bisogna accettare: ciò non vuol dire non combattere e non essere mai più felici! Ma tu vorresti che tutti riconoscessero la tua malattia e ti accettassero con lei, con i disagi che ciò comporta senza continuare a far finta che non sia nulla d'importante. Quando qualcosa di grande ci cambia la vita, bella o brutta che sia, noi stessi cambiamo e non vogliamo che gli altri si comportino come prima perché non è obbiettivamente come prima, ma se veniamo accettati con i nostri limiti comportamentali, forse viviamo meglio anche noi. Sta sicuramente anche a noi spiegare chiaramente cosa proviamo a anche cosa desideriamo, perché chi ci sta vicino soffre quasi quanto noi e noi stessi dobbiamo accompagnarli nel nostro cammino.
Non stiamo in silenzio."


Manuela
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Non posso, non voglio e non credo di dover aggiungere altro se non che tra i miei link c'è quello che può permettervi di saperne un po' di più...spero possiate trovare il tempo di dare un' occhiata..

Grazie Manu, grazie per il tuo esempio, la tua disponibilità, la tua dolcezza..

domenica 12 ottobre 2008

Cogli l'attimo..

Giorni fa ho ripreso in mano un vecchio libro, eredità dei miei primi anni di superiori. "lo zen e l'arte della manutenzione della motocicletta" che per i più probabilmente potrebbe essere un titolo fuorviante. Si tratta in effetti di un romanzo non troppo "facile", di quelli che piacciono davvero o diventano noiosi e pateticamente filosofici. Ma non e' del libro in se' che voglio parlare quanto piuttosto della situazione scolastica che lo ha portato alla mia attenzione.
La mia carriera tecnico industriale ha visto la luce nella sede distaccata di uno dei tanti ITIS di Torino in cui frequentai il biennio obbligatorio. Durante il primo anno ho avuto modo di incontrare un Prof. di italiano assolutamente coerente con la propria professione. Carattere sobrio e composto, programma preciso e ordinato e una competenza assolutamente all'altezza. Fu il secondo anno pero’ a regalarmi un’ esperienza unica nel suo genere, capace di lasciare in me il seme della voglia di andare oltre l’apparenza delle cose, germogliato anni dopo.
Come dicevo, l’inizio del secondo e ultimo anno in quella scuola fu portatore di un grande cambiamento. Scomparvero libri di testo di italiano, antologie, programmi didattici e tutto il resto. Le ore erano intrise solo di poesie…film…canzoni…testi di Guccini e Vasco… libri di Hesse, Wilde e Pirsing… Si ascoltava musica, si guardavano film, si leggevano poesie e poi si parlava, si parlava, si parlava. Sull’onda dell’ attimo fuggente che proprio in quei mesi rendeva il mondo del cinema un po’ meno banale, il prof. decise che le nostre giovani menti meritavano la possibilità di imparare un modo nuovo di ragionare. Ovviamente la maggior parte dei sedicenni immaturi e stupidi che popolavano la classe ( me compreso) videro in questa cosa solo il fatto che non avremmo dovuto studiare per un intero anno e fu effettivamente così.

Ma ora, a distanza di anni, mi rendo conto che la voglia di allargare i miei orizzonti, di non dire mai “non mi interessa” a priori, la voglia di leggere e rileggere, ascoltare e riascoltare, di non fermarmi alla prima impressione ma di guardare la cose da punti di vista diversi e provare a capire prima di giudicare, la voglia di cercare nelle cose il perché non indotto dal giudizio delle masse, derivano anche da quella persona e dal suo modo di essere un prof. di italiano.

Anni dopo trovai una frase di kazantzakis, scrittore cretese, che porto ancora con me :

Gli insegnanti ideali sono quelli che si offrono come ponti verso la conoscenza e invitano i loro studenti a servirsi di loro per compiere la traversata; poi, a traversata compiuta, si ritirano soddisfatti, incoraggiandoli a fabbricarsi da soli nuovi ponti

Grazie prof., ovunque lei sia…

domenica 28 settembre 2008

pronti...via !!!

Primo post ufficiale e primo blocco dello scrittore... Un foglio immacolato , anche se elettronico, mi crea sempre questo problema.

Cerco di trovare il modo giusto per iniziare in maniera originale... scrivo e cancello mille cose chiedendomi dove sono andate a finire tutte quelle idee meravigliose che mi venivano in mente quando era impossibile tenerne traccia...

E intanto le righe si coprono di parole che dovrebbero spiegare perchè non trovo le parole per cominciare e mi rendo conto che lo spazio piano piano diminuisce perchè non avrebbe senso pubblicare un posto di centinaia di parole inutili.
E allora penso che potrei semplicemente presentarmi. Oppure potrei parlare del fine di questo blog. O ancora potrei pescare nella mia mente un argomento a caso e da li ragionare fino a surriscaldare i miei poveri neuroni. Ma credo che per tutto questo ci saranno altre occasioni.

E poi... magia... il post ha preso forma... clicco su anteprima e mi rendo conto che quasi quasi mi piace e potrei anche lasciarlo cosi'. In fondo cominciare dalla confusione nella mia mente e'come aprire la mia cabina armadio perennemente disordinata. Ne prendo atto e so che devo tirare fuori tutto e ricominciare a mettere dentro le cose secondo le buone regole della razionalità.

Che alla fine il senso della vita sia tutto in una cabina armadio??